Ognuno di noi vive all’interno di una narrativa (è impossibile non averne una), tipo:
- cosa è giusto e cosa è sbagliato
- chi sono le tue persone di riferimento
- cosa vuoi e cosa non vuoi
- …
Il punto è: sei consapevole di chi sono queste narrative e quando le hai adottate ?
Questo perché quando eravamo piccoli ad un certo punto volevamo un cane, la bicicletta o quello che volevi tu, ma poi per un qualsiasi motivo (soldi, spazio, tempo o semplicemente perché ad uno dei tuoi tutori non piaceva l’idea) ti hanno raccontato una storia per cui non potevi avere ciò che volevi.
Tu desideravi tanto il cane, ma ti hanno raccontano che in appartamento non lo si può tenere, che serve un giardino, che durante il giorno non c’è nessuno in casa, perché entrambi i genitori lavorano e che quindi è meglio un… gatto!
Tu volevi un cane, ma perché sei ancora un bambino e hai bisogno dell’approvazione e dell’accettazione di chi si prende cura di te, accetti questo primo compromesso.
E’ il primo di una lunga serie, tanto che questo meccanismo diventa automatico e non te ne rendi più conto. ☹️
Per dirti, io lo adottavo anche con persone che non erano i miei genitori.
Ne ho preso coscienza soltanto 10 anni fa.
In questi anni, e soprattutto negli ultimi 3 in cui mi sono immerso nel Resonance, ho fatto un lungo lavoro di “carta vetrata”, cioè a togliere via gli strati di storie che avevo fatte mie, come si fa con le barche in legno quando gli si vuole ridare lo splendore originale: olio di gomito e carta vetrata fino a quando non si arriva al legno che sta sotto. E ci vuole il tempo che ci vuole !
Quello che trovi sotto poi è chi sei e cosa vuoi veramente.
E scusa se è poco.
Quando eri un bambino non avevi alternativa: è così per tutti e non ha alcun senso che tu ti colpevolizzi.
Il punto è che dopo un pò che volevi il cane e ti hanno fatto accettare il gatto, ad un certo punto semplicemente “non vuoi più il gatto”, e non ti ricordi nemmeno più che ciò che volevi in origine era “un cane”. Di conseguenzacrescendo, da questo stato di insoddisfazione, inizi a definire degli obiettivi per “placare” questo vuoto. C’è chi si butta sul lavoro, chi passa da una relazione all’altra, chi si pone obiettivi grandiosi e il risultato è sempre lo stesso: quando ottieni ciò che pensavi ti avrebbe reso felice, subito dopo ne vuoi un altro o uno più grosso, perchè quel vuoto dentro ti è rimasto.
Ti risuona ?
Piccolo spoiler: non ne esci andando avanti ad obiettivi sempre più grandi, aggiungendo roba, ma invece andando a tirare via, tornando a chi era prima di fare tue le storie degli altri.
E NON sto parlando di “meno è più” o di “chi si accontenta gode“, ma di scoprire che esperienza vuoi avere.
Come ti ho accennato prima, di questa mia dinamica mi sono accorto 10 anni fa ed è da allora che ci lavoro, ma la vera accelerata (e ne sto vedendo gli effetti sia nella sfera professionale, che in quella privata) è da quando ho iniziato con il Resonance, perché è l’unico approccio che ho incontrato fino ad oggi, che invece di andare dove c’è il problema, fa leva sulle tue risorse e su come sei quando sei al meglio.
Se rincorri obiettivi sempre più grandi e continui a provare un senso di vuoto, devi togliere, non continuare ad aggiungere. (e NON sto parlando di “chi si accontenta, gode”). – Condividilo su
Dal 26 al 30 luglio Simone Pacchiele, il mio insegnante, terrà la settimana intensiva a Verona (trovi tutte le INFO QUI). Ci sarò anch’io come partecipante a tirare via un altro strato.
Se invece vuoi fare un lavoro 1 a 1 con me, contattami.