La scorsa settimana un cliente in consulenza ha condiviso l’ennesimo casino che è successo in azienda, così mi sono fermato a riflettere sulla mia esperienza personale privata e professionale (sia in azienda come middle manager, sia fuori come consulente di trasformazione personale) e ho notato che sono sempre 2 gli elementi che portano a decisioni con conseguenze disastrose per te e per chi ti sta intorno (a volte basta uno solo dei 2, a volte è una loro combinazione).
1) Non essere in grado di sostenere la tensione
Immagina di essere in azienda e di dover decidere se adottare o no una nuova tecnologia di produzione (di cui dovrà essere gestita anche la transizione dalla vecchia alla nuova, senza interruzione della produzione). Trattasi quindi di una decisione complessa e quello che ho visto succedere spesso è che l’incertezza di non sapere se l’esito possa essere positivo oppure no, ti blocca e non decidi, oppure ti affidi al primo consulente/collega che passa per “toglierti il problema di dosso”.
Oppure immagina di avere problemi nel tuo rapporto di coppia (quando abbiamo a che fare con persone, le situazioni sono sempre complesse) e invece di affrontare la cosa direttamente con il partner, fuggi, molli tutto (partner e lavoro) e “cambi vita”.
Se ti sembrano esempi estremi, ti assicuro che sono più comuni di quanto tu pensi e ciò che succede in questi casi è che il cervello limbico, quella parte del cervello che è “programmata” per salvarti la pelle e che odia cambiamenti ed incertezze, conosce solo la fuga, il combattimento o l’immobilizzazione.
Il punto è che quando si attiva una di queste 3 risposte, viene letteralmente bypassata la neocorteccia frontale, cioè la parte del tuo cervello adibita al pensiero logico e all’empatia. Questo vuol dire che quando sei in questo stato ti muovi attraverso il mondo e prendi decisioni mediante determinati filtri cognitivi, che sono TOTALMENTE diversi che se operi da una configurazione in cui il tuo cervello limbico è “calmato” e quindi hai tutte le tue risorse a disposizione (sensoriali, fisiche, mentali ed emozionali).
E ti assicuro, avendolo sperimentato, che è TUTTA un’altra cosa.
Nel Resonance questa configurazione, che ognuno haa modo proprio e a cui ognuno può accedere, viene chiamata posizione generativa. Quando accedi a questo stato, quello che succede è che filtri il mondo e la tua realtà portando l’attenzione su ciò che è possibile.
E, attenzione, NON è pensiero positivo o vedere il bicchiere mezzo pieno, MA avere una chiarezza cristallina, come l’acqua di mare caraibica, di ciò che vuoi, una chiarezza che non arriva dalla testa, ma che senti nel corpo.
In questo stato analizzare situazioni complesse, dati incompleti e passare all’azione avviene senza sforzo, perdi la sensazione del tempo che passa e se le condizioni al contorno cambiano, rispondi in modo fluido e veloce.
Ti è mai capitato di sperimentare uno stato del genere ?
Ed uno in cui invece hai reagito con fuga, combattimento o immobilizzazione ?
2) Non capire
Il secondo elemento che porta a decisioni disastrose è quando non capisci, quando non riesci a leggere la realtà per quella che è. Con questo intendo 2 cose distinte.
La prima è avere conoscenza dei fatti, cioè essere in grado di raccogliere informazioni da diversi canali sensoriali ed essere in grado di mettere insieme i pezzi e di costruirti una mappa della realtà, anche quando manca qualche tassello.
Nell’esempio del setting lavorativo, potrebbe voler dire capire come funziona quella tecnologia nuova, avere informazioni dirette, ma anche non verbali dei clienti riguardo a quali siano i loro bisogni.
Nell’esempio del rapporto di coppia potrebbe voler dire capire e conoscere gli schemi comportamentali ed emotivi del tuo partner (che sono completamente diversi dai nostri, ma spesso ce ne dimentichiamo), quali siano i suoi bisogni e le sue paure.
La seconda, fondamentale, abilità di cui hai poi bisogno è quella di saper immaginare e prevedere non solo le conseguenze dirette di una decisione o di un evento, ma anche le conseguenze delle conseguenze, delle conseguenze, cioè gli effetti di terzo ordine.
Tornando all’esempio dell’imprenditore o del manager che deve decidere se implementare una nuova tecnologia produttiva e non riesce e sostenere la tensione dell’eventualità di prendere la decisione e di sopportare le conseguenze, che fa ?
Chiama un consulente interno o esterno, così, qualora le cose dovessero andare a rotoli, può sempre dire “Ah, ma anche Tizio, che è il massimo esperto, mi ha consigliato di fare così“.
Il cervello limbico è contento perché è riuscito ad abbassare la pressione: ha trovato una soluzione ed un responsabile in caso le cose vadano male (bonus se la risposta data conferma il pregiudizio di chi deve prendere la decisione, così non deve nemmeno spendere energia per mettere in dubbio le proprie certezze).
Peccato che ingaggiare un consulente esterno ti metta e a rischio che le informazioni che può raccogliere da te, mentre stai sviluppando ed introducendo una nuova tecnologia, lui le possa riutilizzare nelle sue prossime consulenze con altri clienti (conseguenza di 2° ordine).
Un effetto di terzo ordine potrebbe essere che, per il fatto che introduci una tecnologia nuova in un pezzo del tuo processo produttivo, questo eroda la tua capacità di investimento nelle restanti fasi del processo.
E’ un pò come giocare con il cubo di Rubik, se per completare una facciata del cubo sposti un pezzo, considerando soltanto la faccia che hai di fronte, potresti in realtà distruggere ciò che hai costruito sull’altra facciata del cubo.
Per completare una facciata, molto spesso devi prima smontare parte del lavoro che hai già fatto, per poi ri-assemblarlo con la nuova struttura che pone il pezzo al posto giusto su tutte le facciate coinvolte.
Non considerare le conseguenze di secondo e terzo ordine è la causa di molte decisioni dolorosamente sbagliate, ed è particolarmente letale quando la prima opzione conferma i propri pregiudizi – Ray Dalio Condividilo su
Quindi se vuoi migliorare drasticamente i tuoi risultati, considerato che la capacità di capire le cose e di giocare con modelli mentali complessi è un’attività che richiede l’utilizzo di tutti i tuoi sensi, perché è un atto performativo che coinvolge tutto il corpo (se pensi che coinvolga e conti soltanto il tuo cervello, ti sbagli di grosso), oltre a nutrire curiosità per le cose, saper accedere a quello stato in cui accedi a tutte le tue risorse è un’acceleratore notevole.
Non avrò mai ringraziato abbastanza Simone Pacchiele e Joseph Riggio, per avermi insegnato come si fa.
Non saper sostenere la tensione e non essere in grado di leggere la complessità sono le 2 più grosse fonti di guai. – Condividilo su
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