Hai mai sentito parlare di Jean Paul Getty ?
È stato un petroliere statunitense che nel secolo scorso tra gli anni ’40 e ’60 era considerato tra gli uomini più ricchi del mondo (se non addirittura IL più ricco).
Nel suo libro “How to be rich” che, come si evince dalla prefazione, ha scritto per giovani imprenditori, affinché sappiano cosa vuol dire fare impresa, scrive testualmente:
“Devo ammettere che ho invidiato ad Hal la sua abbondanza di tempo, che è una delle forme di ricchezza che la gente tende a trascurare al giorno d’oggi. Per quanto io possa essere ricco dal punto di vista materiale per quanto io possa essere ricco dal punto di vista materiale, da tempo sento di essere molto povero di tempo.
Per decenni, i miei affari hanno inciso pesantemente sul mio tempo, lasciandomi ben poco da utilizzare a mio piacimento. Ci sono libri che avrei voluto leggere e libri che avrei voluto scrivere. Ho sempre desiderato viaggiare in parti remote del mondo che non ho mai visto; una delle mie più grandi ambizioni non realizzate è stata quella di fare un lungo e piacevole safari in Africa.
Il denaro non è stato un ostacolo alla realizzazione di questi desideri; per quanto riguarda il denaro, avrei potuto facilmente permettermi di fare ognuna di queste cose per molti anni. La pura e semplice verità è che non ho mai potuto farle perché non ho mai potuto permettermi il tempo.*”
Te lo riassumo in una riga: il mio grande sogno è fare un safari, il problema è che non ho tempo.
Questo detto dall’uomo più ricco del mondo…
Il punto è che anche i ricchi operano da una posizione di inibizione, da una posizione di mancanza e di impossibilità.
Se la cosa ti sorprende, rincaro dicendo che molto spesso è così: il NON volere fortemente una cosa (“non voglio più rischiare di rimanere a piedi con la Panda scassata“, “non voglio più che la mia famiglia soffra la fame“, “non voglio che i miei figli abbiano soltanto il diploma“, “non voglio essere sovrappeso“, “non voglio che Tizio abbia più status/soldi/donne di me“, “non voglio rimanere sola“…) è un forte motivatore ad agire, ad alzarci dal divano e a fare qualcosa…
Il punto è che questa specie di “leone metaforico” che ci fa alzare dal divano e scappare, ci fa sì agire, ma non è detto che ci faccia correre nella direzione che vogliamo… VERAMENTE, perché quando c’è da scappare dal leone, l’unica cosa che facciamo è… appunto, scappare !
…e poco importa se scappando dal leone che mi insegue esco dalla porta ed entro in una stanza piena di ancora più leoni o se vado a fare un’esperienza che voglio veramente (tipo prendere un aereo per fare un safari in Africa). In quel momento l’unica cosa che ti importa è toglierti il leone da dietro le calcagna !
Toglimi ‘sto problema !’
Ed è proprio su questo, cioè sul farti passare all’azione agitandoti un problema davanti, per motivarti ad alzarti dal divano con la promessa di una soluzione rapida al tuo problema su cui fanno leva diversi programmi di crescita personale (“7 kg in 7 giorni”, “guadagna 10.000€ al mese senza bisogno di capitale”, “raggiungi ogni obiettivo con la potenza della mente”…), ma anche la stragrande maggioranza del marketing (“se non prendi questa polverina, avrai sempre bruciori di stomaco e non potrai più ingozzarti a tavola”).
E ti assicuro che funziona: la stragrande maggioranza delle persone vive così. Si è fatta una famiglia, comprato una casa, fatto una posizione. Funziona.
Il punto è se hai quella sensazione che stai continuamente inseguendo qualcosa che non raggiungi mai, se rivivi sempre le stesse situazioni, se ti sembra di avere gli stessi problemi di cinque, dieci o addirittura quindici anni fa, non è che scappando dal prossimo leone che troverai la soddisfazione…
ANZI, se sei spesso stanco, il tuo riposo non è più ristoratore o magari hai dolori fisici oppure che non vedi l’ora che arrivino le prossime vacanze, sappi che partendo da ciò che già adesso funziona per te (perché per quanto tu ti possa lamentare e portare l’attenzione sul problema, anche adesso ci sono dei pezzi della tua vita che funzionano come vuoi tu) possiamo espandere da lì, scoprire cosa vuoi veramente e creare una transizione.
Certo, non succede in 7 giorni 😉 se sono cinque, dieci o quindici anni che operi da una configurazione in cui porti l’attenzione sul problema, anziché su ciò che vuoi veramente.
La parte tricky di questo tipo di lavoro è riconoscere i propri schemi comportamentali (sia quelli che funzionano, sia quelli disfunzionali), per questo avere una persona esterna che ti guida, ti fa risparmiare tempo ed energie.