Ho imparato ad andare in barca a vela da ragazzino e facevo regate a livello agonistico. Sono da sempre affascinato dalle onde e da velista ho ben presto imparato quanto grande fosse la forze delle onde. Tra i miei ricordi più belli di quando andavo in barca a vela ci sono le planate sulle onde: quando riuscivamo (eravamo in 2 sulla barca) a coordinarci perfettamente a pompare con le vele e sbilanciare il peso in modo tale che la barca prendesse abbrivio scendendo nell’incavo dell’onda, per poi sentire come lo scafo spiattellava sull’acqua, con il più delle volte il baffo dell’acqua che dalla prua mi arrivava direttamente in faccia…
Sensazioni indimenticabili
Vista la mia affascinazione per le onde, la storia che mi raccontavo allora era: quando smetto con la vela, voglio fare surf da onda.
La realtà è sempre più complessa dell’immaginazione e dopo la maturità le mie priorità sono rapidamente e drasticamente cambiate: per la prima volta in vita mia mi sono reso conto che non partecipavo più ad una regata per divertimento, quel giorno in realtà volevo fare altro.
In cima alla mia lista delle priorità erano salite l’università e la fidanzata, mentre la vela era scivolata solo in terza posizione.
Di lì a pochi mesi è uscita definitivamente dalle mie priorità e di fatto anche dalla mia vita: non sono più andato in barca a vela.
…e non è che poi ho iniziato con il surf, quello è rimasto un sogno e per 26 anni non ci ho fatto niente. 🙁
Questo inverno avevo già iniziato a coccolarmi nel fare piccole cose che mi fanno stare bene. Tante volte mi racconto che ci voglia chissà cosa per realizzare i miei sogni, poi in realtà mi rendo conto che basta iniziare anche in piccolo e che poi “il fare” mi da i feedback su cosa mi piace veramente e cosa no.
Così questa primavera da Decathlon mi sono preso un bodyboard. E’ una tavoletta di materiale espanso da tenere sotto la pancia e con cui cavalcare le onde. E’ molto più economica, piccola e semplice di una vera tavola da surf: chiunque può iniziare a surfare con essa dal primo giorno, ammesso che ci sia la “materia prima”, cioè le onde.
Il Lido di Venezia non è famoso per le onde, nè per le mareggiate, perciò fino ad ora ero riuscito a tirare fuori la mia tavoletta solo 2 volte e devo dire che ho fatto una fatica tremenda a fare soltanto pochi metri di surfate: le onde semplicemente erano troppo piccole.
Domenica scorsa c’è stata invece una mareggiata e per la prima volta c’erano delle onde decenti, mi sono divertito un sacco ed ho imparato diverse cose:
- Per prendere l’onda mi devo trovare al momento giusto, al posto giusto e darmi la spinta giusta, altrimenti non riesco a partire
- Le onde più grosse arrivano spesso in gruppo (una dietro all’altra), ma spesso la prima non è la migliore
- Paradossalmente quando non prendo la prima, il resto del set di onde fa schifo 🙂
- Capire quale è l’onda giusta è una questione di acuità sensoriale, non basta osservarne la forma e prevedere in quale punto inizierà a frangere, ma serve anche sentire quanto la risacca prima dell’arrivo dell’onda ti tira indietro
Le onde non arrivano mai pulite, l’onda perfetta non esiste. – Anonimo Condividilo su
- Anche con onde meno che perfette ho fatto delle bellissime e lunghe surfate
- Il surf è fatto anche di lunghe attese e scrutamenti dell’orrizonteLe onde non arrivano mai pulite, l’onda perfetta non esiste
- La frustrazione passata nelle scorse settimane a provare a surfare le onde piccole (e quasi impossibili da surfare), mi ha permesso di sviluppare una certa sensibilità su come devo tenere il peso (più avanti o più indietro) durante le varie fasi della cavalcata dell’onda. All’inizio durante il “decollo” serve che sia decisamente più avanti, per riuscire a prendere abbrivio scendendo nell’incavo dell’onda, dopo serve correggere dinamicamente a seconda di come va l’onda
Per tutto il tempo che sono stato in acqua ero talmente nell’esperienza ed ho completamente perso la cognizione del tempo.
Ti è mai capitato ?
Cosa stavi facendo ?