In Svizzera c’è un posto pazzesco in mezzo alle montagne dove c’è una piscina enorme all’aperto in cui generano delle onde per cavalcarle con la tavola da surf…
e come probabilmente avrai già scoperto in qualche altro post, sono attualmente leggermente in fissa con l’imparare a cavalcare delle onde “serie”. Seguimi, perchè non è un semplice post sul surf, ma su come ci limitiamo nelle nostre performance (di qualsiasi tipo esse siano) e di uno dei modi per sbloccarti ed ampliare il tuo senso di possibilità.
Quando una persona viene da me e vuole raggiungere qualcosa che non ha ancora raggiunto, parlandoci, molto presto scopro che a limitarla è una relazione causa-effetto che la persona si racconta. E’ una frase del tipo Quando X, allora Y, dove “X” in genere è un fattore esterno (la laurea, un milione di euro, un partner, la macchina, etc). Il fatto che il fattore sia esterno, è anche il motivo per cui la persona si blocca: essa percepisce che non possa più proseguire, fintanto che questo fattore esterno non si sia realizzato.
La scorsa estate mi sono dedicato intensamente a surfare le piccole ondine che si trovano alla spiaggia del Lido di Venezia, la cosa mi piace un sacco: quella sensazione di tensione nella parte bassa della schiena mentre sto per prendere l’onda e l’instabilità sotto ai miei piedi negli istanti in cui mi alzo in piedi, con quella incertezza tra cadere in acqua oppure sentire come ho il controllo della tavola e sentire sotto ai miei piedi come accelero e scivolo sull’onda, mentre tutto il resto sparisce. È qualcosa di unico per me e che mi fa sentire vivo.
Io abito a Venezia e quindi il tipo di onda a cui ho accesso vicino a casa è quella, piccolina (quando proprio ce n’è). Finita la vacanza, la storia che ho iniziato a raccontarmi è stata: “Quando sarò in grado di cavalcare delle onde grandi, andrò a fare un viaggio per calvacare le onde“. Anche perchè non è proprio uno sport economico e facile: serve un posto dove ci siano onde, bisogna andarci nei periodi in cui la probabilità di onde sia alta, ma non hai mai la certezza. In più, devi portarti la tavola (quindi o hai una macchina grande o devi mettere il portapacchi o in aereo devi pagare il sovrapprezzo), altrimenti la devi noleggiare in loco. Per farla breve: servono soldi e parecchio tempo, senza avere la garanzia del risultato. Tutto questo mi spaventa e mi ha portato a crearmi la mia particolare gabbia, pardon relazione causa-effetto che mi blocca.
Quando percepiamo un senso di limitazione, il più delle volte è a causa di una relazione causa-effetto, in cui la cosa è un fattore esterno a noi. – cit. Condividilo su
Tutto questo fino a quando non ho scambiato l’effetto con la causa, cioè ho invertito la “Y” con la “X”: “Quando andrò a fare un viaggio per cavalcare le onde, sarò in grado di cavalcare le onde grandi“
Così mi sono fatto la punta al cervello e alla prima occasione ho combinato una trasferta a Milano (che già mi portava a metà del tragitto) all’andare in mezzo alle Prealpi Svizzere, dove hanno costruito un’enorme piscina in cui generano onde artificiali.
Il panorama era spettacolare: una giornata limpida e soleggiata, le punte delle montagne già spruzzate di zucchero a velo, l’aria tersa e friccicarella e nel contempo il sole che scalda la pelle. Il tutto in una quiete che solo in mezzo alle montagne si trova. Parcheggio, entro alla reception, faccio il check-in, mi danno il braccialetto che apre gli accessi, passo la porta a vetri e…
WROAMMMM….
WROAMMMMM….
Nella piscina all’aperto stavano surfando delle onde che erano alte almeno un metro e mezzo ed i surfisti erano veramente esperti e facevo curve repentine sù e giù per le onde, ma la cosa che mi ha colpito di più è stato il rumore, o meglio il fragore delle onde quando frangevano…
Quel rumore, basso e forte lo percepivo nella pancia ed immediatamente mi ha riportato in mezzo al mare…
Sollevare lo sguardo e vedere le cime innevate attorno a me è stato una sensazione pazzesca, come quando hai un insight o quando 2 parti del cervello che non erano mai state collegate, improvvisamente fossero state messe in comunicazione e questo scatena una specie di scossa attraverso il tuo corpo.
Appena mi sono ripreso da questa esperienza mi sono preoccupato a chiedere a quale livello corrispondessero queste onde. Devi sapere che ogni ora generano un tipo di onda diverso, più o meno grande, arrivano perfino a fare delle onde che fanno il tubo. Io avevo prenotato l’ora in cui l’onda viene chiamata Malibu: in ordine di difficoltà è la terza più facile. Il punto è che per la scelta dell’onda mi sono dovuto basare su dei brevissimi video esplicativi ed anche consultando la webcam, che è sempre puntata sulla piscina, le onde in video danno sempre l’impressione di essere più piccole ed innocenti rispetto alla realtà.
Fatto sta che quando scendo in acqua, mi rendo conto velocemente che le onde sono troppo grandi per il mio attuale livello, ma decido come al solito, che delle onde non si butta via niente e mi impegno al massimo, pur facendo una fatica fisica, anche per risalire pagaiando con le braccia fino alla zona di partenza, enorme.
Dopo un’ora esco dall’acqua esausto, ma felice: in realtà non sono riuscito a cavalcare decentemente nessuna delle onde, ma sono felice perchè ho imparato un sacco di cose, che se avessi continuato a guardare video di surfisti su youtube ed instagram non avrei mai imparato.
Ho capito che:
- ho scelto una tavola troppo corta
- ho scelto un tipo di onda troppo grande
- mi alzo in piedi troppo tardi e non dirigo subito la tavola nella direzione in cui voglio andare
- guardo la punta della tavola, anzichè alzare lo sguardo e puntarlo nella direzione in cui voglio andare
e con queste informazioni, che potevo raccogliere soltanto FACENDO, ora ho ancora più voglia di surfare e mi sto già facendo la punta al cervello per ritornarci.
E TU ?
Quale è la relazione causa-effetto che ti limita ?
Completa gli spazi: Quando ………., allora ……….
e se ti va, condividila nei commenti qui sotto.