La scorsa settimana ho tenuto un webinar ed avevo 2 obiettivi: fare pratica (perché era dall’anno scorso che non ne tenevo uno) e far venire qualche dubbio ai partecipanti, che avessero avuto la curiosità di partecipare.
Ne è venuta fuori una vera e propria sessione di coaching ed io mi sono divertito un sacco.
Già, il divertimento…
Andrea e Giuditta a fine webinar mi hanno detto che si vede proprio che mi piace fare ciò che faccio.
La stessa cosa me lo ha detto settimana scorsa un coachee con cui ho fatto solo 4 sessioni e che ha aggiunto anche questo:
“Devo dire che in queste ultime due settimane io ho riscontrato che non ho più i problemi di prima.
Io mi sono paragonato a qualche mese fa, in cui avevo più o meno le stesse attività.
Anzi, adesso ho più attività da fare: sto gestendo due progetti, in più ho fatto la migrazione del software.
Sto facendo più cose rispetto a prima, ma forse perché le sto vivendo diversamente mi viene da pensare.
È l’unica risposta che mi sono dato.“
Nelle sessioni di coaching non uso la putenza della mente, non faccio fare la camminata sui carboni ardenti, né faccio leva sulla motivazione, eppure – dopo un po’ di tempo – ai coachee i risultati arrivano senza sforzo, con naturalezza. Con una tale semplicità che a volte a loro stessi sembra la cosa più naturale del mondo e non si rendono conto di essersi trasformati.
Per questo motivo, per me, l’indicatore per capire se hanno avuto un’evoluzione è quali sono i problemi che percepiscono: perché se sono rimasti gli stessi, vuol dire che non hanno avuto un’evoluzione. In aggiunta guardo anche cosa fanno, cioè il loro comportamento.
Giovedì mi è arrivato questo messaggio da un altro coachee, con cui mi diverto un sacco a lavorare:
Che poi quello che faccio io, è soltanto mettere il coachee in una configurazione soma-semantica in cui non ha bisogno di niente per essere a posto e il paradosso è che, proprio quando non vuole niente, è in grado di scegliere ciò che vuole veramente.
E cosa vuole, lo sceglie il coachee, io non lo influenzo.
Il messaggio che hai appena letto mi è arrivato lo stesso giorno del Webinar. Webinar che non avevo tempo di lanciare con una serie di mail, perché in questi giorni in azienda ho un problema da gestire con un cliente molto importante ed in aggiunta sto facendo molte sessioni 1 a 1.
Una singola e semplice mail inviata e il risultato è stato un webinar fatto con 2 persone. Si hai letto bene: 2 persone (Grazie Andrea e Giuditta per la vostra partecipazione attiva). Perché non servono decine di persone per avere l’esperienza che voglio avere: a me piace portare le persone a sentire come sono quando sono al meglio. Mi piace farlo 1 a 1 e mi piace farlo con un gruppo, basta che ci sia qualcuno.
E se non si presenta nessuno, vuol dire che era giusto così.
Nel 2015 ad un Barcamp sulla formazione esperienziale ho tenuto dei workshop sulla vulnerabilità. Alle pareti dei luoghi adibiti ai workshop era appeso proprio questo cartello:
Alla seconda iterazione del mio workshop non si è presentato nessuno. Al che ho fatto spallucce, ho pensato Sticazzi ed ho tirato dritto scegliendomi un workshop a cui partecipare.
Ora passiamo a te: quando è stata una volta che hai fatto qualcosa senza sforzo e che tutto è stato semplice come tagliare il burro con un coltello caldo ?
Una volta in cui avevi un senso di possibilità, hai fatte le cose senza curarti di cosa pensavano gli altri, hai semplicemente agito… e ti è piaciuto un sacco !
Sono grato al mio mentore Simone Pacchiele per avermi insegnato il processo del Resonance.
Se io ho acquisito una bravura 10, lui è al livello 1.000
Per cui se vuoi avere chiarezza su cosa vuoi ed agire senza esitazioni, senza sforzo, allora partecipa alla settimana intensiva che Simone tiene a Verona da lunedì 22 a domenica 28 luglio. Puoi partecipare anche alla versione “nucleo centrale” da giovedì 25 a domenica 28 luglio.
Putroppo questa volta non ci sarò tra i partecipanti, se vuoi saperne di più CLICCA QUI per tutti i dettagli del corso intensivo di Simone.