Oggi sono stato contemporaneamente felice e triste: sembra un paradosso, ma è stato proprio così.
Devi sapere che l’azienda per cui lavoro sta attraversando una fase di profonda ristrutturazione ed oggi mi ha chiamato un mio collega tedesco, assieme a cui ho fatto diversi progetti e che non sentivo da un paio di mesi.
Mi raccontava che se ne vuole andare perché le condizioni di lavoro non gli vanno più e che il suo capo sta rilanciando a livello economico. Marco (non è il suo vero nome) non risponde più di tanto alla leva dei soldi: per lui è fondamentale percepire di poter dare un apporto facendo ciò in cui è bravo, cioè programmare ed avviare impianti automatizzati, invece lo stanno impiegando come capo progetto. Per questo motivo ha iniziato a guardarsi intorno e si trova già in una fase di colloquio avanzato con 2 aziende e mi stava raccontando che praticamente si è deciso per una delle due.
Come faccio sempre in questi casi, gli ho chiesto come abbia fatto a decidere.
Marco è mooolto analitico e “di testa”, ha proprio l’impostazione da programmatore: schematico, logico, freddo.
Questo suo comportamento a volte mi faceva sorridere quando lavoravamo assieme su un progetto. Per questo di tanto in tanto lo prendevo amichevolmente in giro, ma mentre lavoravamo assieme SUI progetti, io lavoravo anche CON lui (nel senso di coaching): a volte in modo molto palese e di comune accordo, altre in modo molto sottile ed invisibile con l’utilizzo di storie.
Quando gli ho chiesto come abbia fatto a sapere che voleva lavorare per una delle 2 aziende, mi ha risposto:
- L’ho sentito nella pancia
- E cosa hai sentito nella pancia, Marco ?
- Ho sentito calore
- Ti piace questo calore ?
- Oh sì. Quando sento questo calore nella pancia, per me è come “famiglia”
- E perché l’altra azienda non va altrettanto bene ?
- Perché quando sono da loro sento il collo e le spalle contratte
A questo punto ho a stento trattenuto le lacrime (mi risuccede adesso scrivendo questo parole): ho provato gioia per Marco per il fatto che abbia trovato qualcosa che per lui è famiglia e che abbia quindi scelto non in una modalità “in fuga da qualcosa”, ma bensì “verso qualcosa che voglio”. Ho provato gioia per il fatto che abbia saputo ascoltare cosa gli dice il suo corpo e contemporaneamente ho provato profonda tristezza per avere perso un collega competente e con un umorismo estremamente asciutto (che a me faceva sbellicare). Infine ero triste anche per aver “perso” un amico, nel senso che vivendo e lavorando Marco in Germania, non avremo molte occasioni di rincontrarci.
Ti è mai capitato di provare allo stesso tempo gioia e tristezza ?
Questo post cade a fagiolo come integrazione con il precedente (sembra fatto apposta, ma non lo è), perché nel post di Re Carlo abbiamo visto un aspetto funzionale dell’abilità di prendere decisioni migliori.
La vicenda di Marco invece ci ha mostrato un aspetto fondamentale del processo decisionale: l’aspetto strutturale. Infatti, nonostante le informazioni a nostra disposizione siano SEMPRE limitate e incomplete, possiamo comunque individuare la soluzione migliore per noi.
Il punto è che più che di ‘sapere’, dovremmo parlare di sentire. Infatti, la chiave non sta nella mente, ma nel corpo. È attraverso esso che possiamo accedere a una saggezza più profonda e intuitiva.
Anche tu ti trovi di fronte a una decisione importante e vuoi imparare a fidarti del tuo istinto ?
Io posso aiutarti a prendere decisioni più efficaci, ascoltando la saggezza del tuo corpo