Dissolvenza

E’ un periodo un po’ strano della mia vita. La settimana scorsa è stata la prima volta, da 2 anni a questa parte, che non ho mandato nemmeno un articolo.

Ad essere onesto, settimana scorsa non ho combinato niente di che su alcun fronte. E non è che mi sono preso una pausa e mi sono ricaricato (che ci potrebbe anche stare).

No. Al contrario: ho fatto tardi la notte incastrato a scrollare sui social, ritrovandomi la mattina seguente privato del sonno ed in un circolo vizioso in cui chiaramente non avevo le energie per tirarmi fuori da questo loop.

Inoltre diversi eventi (alcuni molto personali, che rimarranno tali), un collaboratore di vecchia data che ha dato le dimissioni, mio padre ultranovantenne che non mi riconosce più e non ha più molta voglia di interagire, la notizia che il gran maestro Keith Kernspecht non c’è più, mi hanno dato questa sensazione che diverse cose nella mia vita si stiano come sciogliendo, dissolvendo. E’ come se tenessi degli oggetti tra le mani e si dissolvessero in aria… ed io qui fermo come se mi attaccassi al vecchio, che però sta svanendo.

Le vedo le cose. E di solito le vedo arrivare anche prima di molti altri, ma non mi sono ancora rassegnato all’evidenza e non ho ancora affrontato il prossimo passo. Come con il GM Keith Kernspecht, un gran maestro di arti marziali (ad un cui workshop volevo andare da qualche mese) che dall’età di 15 anni non ha fatto altro che praticare e studiare l’arte del combattimento sia quello teorico, che quello pratico nelle bettole del porto di Kiel tutti i giorni. Dal Karate al Jiu Jitsu al Wing Tsun al Magic Hands: la sua personale evoluzione  del Chi Sao del Wing Tsun, le cosiddette “mani appicicaticce”.

Trattasi di una tecnica di combattimento che non fa leva su dei “kata” (cioè delle forme codificate di attacco e difesa), ma è una forma interna, in cui devi sentire il movimento dell’avversario per trovare una risposta al suo movimento e in cui lui prende il contatto delle braccia dell’avversario con i propri avambracci, non perde più il contatto, perché in questo modo ha istantaneamente tutte le informazioni che gli servono per sentire quale movimento stai per fare e letteralmente ha il controllo di te, non ti da più la possibilità di attaccare. 

Per gioco e per imparare, lo faccio con il mio gatto. I gatti hanno tempi di reazione che sono molto più rapidi di noi umani, ma quando appoggio la mano sul fondo schiena di Minù lei non riesce essere più veloce di me, nel girarsi e graffiarmi con la sua zampa, perché sento primo il movimento. Non lo vedo, quello sarebbe un processo troppo lento per rispondere in tempo, lo sento ed istintivamente riesco ad addattare la mia mano, non dandole la possibilità di attaccarmi.

Keith Kernspecht inoltre portava persone molto più grosse e muscolose di lui in giro per la stanza (tirandole o spingendole) con minimo sforzo. Aveva 79 anni una rapidità ed un’efficacia nella difesa personale che lasciava sbalorditi.

Mi affascinava anche perché era un maestro eccezionale.

Ido Portal un giorno ha detto: Se incontri un Maestro, seguilo a prescindere da cosa insegni.

Mi hai sentito parlare già diverse volte di mentori e di come essere nella loro presenza ti trasformi, o almeno ti dia temporaneamente un assaggio di cosa tu sia capace, un senso di possibilità. Poi magari ci vogliono mesi o anni per integrarle, farle completamente tue, MA tu, con lui, le hai sentite nel tuo corpo, non sono frutto della tua immaginazione, della tua mente. Questa esperienza somatica ti è sufficiente per avere contezza che per te è possibile e che almeno una via c’è e che poi sta soltanto a te trovarla, farla tua, integrarla.

Ecco, per questo volevo incontrare il GM Kernspecht e per questo ci sono rimasto particolarmente male. Ma come tutte le grandi persone, anche lui ha toccato il corpo di tante persone attorno a lui. Si tratta ora solo di trovarle e di avidamente studiare i tanti semini che ha piantato nella sua prolifica vita.

Quale è il senso di questo post apparentemente sconclusionato ?

Che non mi sono ancora rassegnato all’evidenza che alcuni cicli nella mia vita si stanno chiudendo e che è tempo di affrontare i prossimi passi con coraggio.

Ancora una volta mi vengono in aiuto 2 miei mentori, entrambi oggi: un’intervista ad Ido Portal di un’anno fa che ho ascoltato oggi pomeriggio e la lezione settimanale di Simone Pacchiele in Coaching Club.

Ido dice che il dolore, la sofferenza è il tuo insegnante, molto più del piacere.
Il punto è che soffrire ha una cattiva nomea, vedila allora come “frizione”: ogni volta che c’è movimento, c’è anche resistenza e appunto frizione. Se te la fai amica e pratichi o agisci NONOSTANTE questa frizione, ALLORA avviene la vera trasformazione.

A nessuno piace soffrire ed è per questo che molta gente vuole aiutare gli altri, perché in realtà è un modo per non affrontare il PROPRIO di dolore.

Una domanda che Simone fa spesso quando sente dire da una persona che dice di volere aiutare gli altri è: E a te, chi ti aiuta ?

Voler aiutare gli altri è solo un modo per sfuggire al proprio dolore, per non sentire il proprio dolore.

E questo ci porta al nocciolo della questione: tu, come eviti di sentire il tuo dolore ?

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